Tutti gli individui felici sono simili , ma ogni individuo infelice è infelice a modo suo, potremmo affermare parafrasando Tolstoj.
In effetti quello che succede nella stanza di terapia è di volta in volta, ad ogni seduta, unico e irripetibile.
E’ dell’infelicità comune, condivisa, necessaria, inevitabile oppure inutile che si occupa il rito della psicoterapia. Come tutti i riti ( un incontro tra due persone in una stanza per circa un’ ora alla settimana, oppure ogni due-tre giorni rappresenta uno dei riti sopravissuti alla modernità) può sclerotizzarsi diventando un contenitore vuoto , guscio senz’anima oppure mantenersi spazio vivo e appassionato.
Spesso si sente dire che parlare sia una perdita di tempo ed è interessante come il lavoro di introspezione psicologica si fondi proprio su questo principio antieconomico per rendere il presunto spreco di tempo un’ avventura durante la quale si possono scoprire aspetti di sé sorprendenti , mai visti perché negati , ripudiati o rifiutati.
Se la parola d’ordine del mondo globalizzato è spostati in continuazione e non farti coinvolgere la terapia psicoanalitica rovescia proprio questo assunto invitando la persona a fermarsi e a lasciarsi coinvolgere dentro un rapporto.
L’essenziale di questo percorso risiede non nel guarire dai sintomi (c’ è anche questo e non è irrilevante) ma in un lento , che a volte può sembrare lentissimo processo di trasformazione interiore dove la persona evolve, si sviluppa, cresce, come può farlo una pianta, un albero , ramificando verso direzioni inesplorate , imprevedibili.
Una domanda frequente è quanto può durare una terapia ed è abbastanza difficile rispondere, perché all’inizio non si sa esattamente dove si andrà e che cosa accadrà, ma la frequenza con cui ci si vede non è irrilevante, alcuni pazienti si fermano perché non sopportano la frustrazione di avere la sensazione momentanea che non accada subito qualcosa , altri sentono che sono arrivati al punto in cui desideravano arrivare, altri ancora sono determinati a spingersi più avanti impegnandosi nello sforzo comune di sbloccare le difese più profonde.
La conoscenza intellettuale, una maggiore padronanza di sé non basta per definire se stessi, mentre invece può servire il lasciarsi attraversare da emozioni mai provate prima o poco tollerate , vivere sentimenti e formulare pensieri nuovi : Kohut ad un certo punto della sua vita scrisse che la meta della terapia psicoanalitica fosse “l’accrescimento della struttura psichica”.Ciò che accomuna il paziente e il terapeuta è semplicemente cercare di essere delle persone sincere al maggior grado possibile e l’amore per la verità e la cultura di cui siamo costituiti e da questa base muoversi pazientemente e curiosamente verso qualcosa che non si può né calcolare né misurare facilmente.
Il video è tratto da una sequenza del Film “ Improvvisamente l’estate scorsa”tratto dal dramma di Tennesse Williams in cui all’inizio un affascinante Katharine Hepburn chiede al clinico Montgomery Clift di occuparsi di sua nipote (una giovanissima Elisabeth Taylor) sequenza in cui viene pronunciata la famosa frase “ quello che ci coinvolge ci riguarda personalmente “.