Due film interessanti in programmazione nelle sale cinematografiche, Il Cigno nero e il Discorso del re, mostrano come si strutturano e si sviluppano legami che fanno crescere emotivamente permettendo l’evoluzione della persona e rapporti che conducono al blocco psicologico e drammaticamente alla morte.
Nel “Cigno nero” una aspirante prima ballerina che vive con la propria madre un rapporto esclusivo finisce per cadere in delirio persecutorio che la conduce, dopo aver ottenuto il ruolo desiderato, al suicidio. Nel “Discorso del re” un membro della famiglia reale in procinto di diventare re lotta con la balbuzie e verrà curato da un suo suddito, un attore dilettante di teatro che aiuta le persone con disturbi del linguaggio attraverso la relazione.
Nel “Cigno nero” sono efficacemente rappresentate le condotte autolesionistiche, il tema del doppio e gli effetti di una personalità scissa.
Un continuo rimando a specchi, riflessi e ritratti esprime la lotta della protagonista Nina con il suo ” nemico interiore”, la sua parte più vitale , impulsiva che assume anche le sembianze di una rivale in amore e nel lavoro.
La protagonista cela dietro una superficie mansueta, docile, perfezionista una versione più profonda di sé che è passionale ma anche esplosiva e furibonda.
Questa profonda separazione all’interno di se stessa avrà un esito catastrofico.
La madre della protagonista ha trasferito infatti sulla figlia tutti i suoi desideri di realizzazione personale dopo essere stata costretta a troncare la carriera a causa della maternità , impedendole di vivere una vita autonoma e costringendola ad essere la “sua bambina”.
Nina tenta costantemente di sbarazzarsi di una parte di sé (quella più impulsiva e libera sessualmente,che assume una tonalità man mano sempre più persecutoria) procurandosi delle ferite sul corpo , tagliuzzandosi , ma il crescendo di attacchi al corpo , martoriato e sottoposto a pratiche estenuanti non sarà più sufficiente.
Nell’estremo sforzo di liberarsi illusoriamente dalla prigione materna, dall’ossessione rituale di essere un corpo perfetto, dall’obbligo di recitare la parte abortita della madre (la carriera a cui la madre aveva rinunciato per farla nascere e occuparsi di lei ) e soprattutto di soffocare il dolore Nina finirà per annientare il suo mondo interiore arrivando a compiere il suicidio.
Così l’eliminazione del “nemico interiore” culminerà tragicamente con una ferita mortale inferta al suo doppio, e quindi a se stessa.
Per saperne di più:
A.Green, Narcisismo di vita , narcisismo di morte, Borla