Nelle sale cinematografiche è uscito il film “Nel paese delle creature selvagge” tratto dal libro “Where the wild things are” di Maurice Sendak del 1963, pubblicato circa vent’anni dopo in Italia dalla Emme Edizioni di Rosellina Archinto con il titolo “Max e I Maximostri” con la traduzione del poeta Antonio Porta, e ormai introvabile, ristampato nel 1999 dalla Babalibri con il titolo”Nel paese dei mostri selvaggi”.
Si tratta di un libro piacevolissimo che esprime una densità di significati fuori dal comune: è la storia di un bambino birichino che ne combina “di tutti i colori” al punto di farsi gridare dalla madre <> e lui risponde <>, e viene mandato a letto senza cena. Nella sua stanza cresce una foresta e lui salpa con una barchetta per un viaggio nel quale approda su un’isola dove incontra dei mostri selvaggi .Max doma i mostri e ne diventa il re, li spinge a gettarsi in una “ridda selvaggia”.Dopo averli fermati e spediti a letto senza cena , Max sente nostalgia di casa e ritorna nella propria stanza dove troverà una cena “ancora calda” ad attenderlo.
Si tratta di un viaggio in profondità dentro le fantasie e la psiche infantile che in questa occasione cercheremo di riassumere.
Come hanno osservato in molti, testo e immagini si rinforzano a vicenda dando forma ad un’opera sconvolgente dove lo scontro tra il principio del piacere e quello della realtà sono espressi dall’equilibrio altalenante tra testo e immagini: infatti procedendo nella lettura, le parole lasciano gradualmente spazio alle figure fino al trionfo visivo e onirico delle tre pagine centrali dove si assiste al ballo sfrenato, dopo le quali la proporzione si ribalterà di nuovo a favore del testo man mano che Max rinuncerà all’ onnipotenza magica e accetterà il suo bisogno e la sua solitudine e quindi di poter tornare a casa.
I mostri rappresentano le emozioni più bestiali e selvagge che Max cerca di domare e controllare, ma sono anche la personificazione del conflitto con i suoi parenti, ognuno con le sue idiosincrasie e il proprio carattere: qua i sentimenti (l’aggressività orale) che Max non riconosce in sé stesso tornano indietro come un “boomerang” trasformandosi nell’amore soffocante e invadente dei familiari che “così tanto bene gli vogliono che se lo mangerebbero “.
Da questo secondo punto di vista , i mostri “stanno al gioco”, come si comprende dagli sguardi ammiccanti che si scambiano d’intesa, forse per sostenere l’illusione infantile di creare il mondo a “propria immagine e somiglianza”, forse lasciandosi sedurre dall’idea che Max come ogni bambino nuovo che arriva nel mondo possa realizzare le fantasie narcisistiche dei genitori e della rete famigliare, come un “messia” che possa mettere fine ai conflitti cacciando dalla terra “solitudine e tristezza”(come si nota bene dal film).
Max tenta di mettere argine all’esplosione incontenibile delle emozioni, al putiferio innescato dai suoi vissuti interiori attraverso la costruzione di case, tende, rifugi, fortini, isole nei quali si condensa la sua esuberanza e vitalità. Spazi che esprimono allo stesso tempo il suo bisogno di unione-fusione con il corpo materno e il suo desiderio di avventura e separatezza.
Ma ciò che dà inizio alla vicenda è anche quello che libera le tensioni e scioglie il dramma : un No, quello della madre che impone le regole e fornisce un limite (in assenza del padre), quello di Max che infine abbandona le sue fantasie personali per ritornare alla realtà e accettare i confini, la separazione.
Max oscilla tra slanci costruttivi e rabbia distruttiva: all’inizio Max viene travolto dalle sue emozioni perdendo così il cibo e con esso simbolicamente la madre e solamente quando si sentirà vulnerabile e solo accettando la sua impotenza potrà anche affermare se stesso e porre dei confini tra sé e lo spazio ludico generato dalle sue fantasie.
Non esiste vera separazione senza un minimo di spregiudicatezza: così come la madre è sopravissuta ai suoi attacchi, Max ha imparato che i suoi impulsi aggressivi e le sue fantasie distruttive non sono illimitate e non hanno né cancellato né ucciso realmente nessuno : si può continuare a crescere e diventare un giorno grandi ed adulti nonostante i drammi, le delusioni e le sconfitte.