Della violenza contro le donne se ne parla finalmente in maniera più aperta e diretta che nel passato. Dossier e testimonianze narrano in forma esplicita la violenza degli uomini sulle donne , in questa sede vogliamo fare qualche breve considerazione su ciò che scorgiamo nella stanza di terapia.
Le donne che hanno subito per anni un maltrattamento coniugale raccontano di un profondo conflitto tra la fedeltà a ciò che viene considerato moralmente “giusto” secondo le norme della società, cioè portare avanti una relazione matrimoniale e il progetto familiare, e dare ascolto al proprio vissuto emotivo. Questo conflitto genera un dolore acuto e una sofferenza prolungata. Per tanto tempo la violenza viene negata,sopportata e giustificata perchè essa ( “ mi picchia perché mi ama “) costituisce la possibilità per esprimere comunque ,a un livello profondo , una dimensione di se stessi : il desiderio di essere qualcosa per qualcuno anche se quel qualcosa risulta danneggiato, violato e schiacciato .
Il maltrattamento offre un alternativa drammatica al rimanere soli, sentirsi abbandonati , perdersi nella folla e nell’anonimato. Il cambiamento provoca un angoscia intollerabile ,il timore della perdita di tutto quello che fino ad allora ha costituito una parte della propria identità.
La vittima frequentemente descrive un infanzia nella quale ha subito un maltrattamento psicologico o fisico simile a quello inflitto attualmente dal coniuge.
Si consolida con il tempo la convinzione di essere sbagliati , di avere dentro di sè qualcosa che non va , di avere sempre torto e che le botte emotive e fisiche servano per essere raddrizzati come un “legno nato storto”. Se in passato si è rimasti attaccati ad un immagine genitoriale buona, nonostante tutte le evidenze contrarie, per riuscire a sopravvivere emotivamente, ora si rimane attaccati al pensiero di un ideale di coppia e ad un immagine buona del partner per evitare di sentire l’abisso di solitudine di impotenza in cui ci si trova.
Il cuore si ammala di una relazione d’amore che distorce le manifestazioni di aggressività e di odio da parte del partner traducendole in espressioni di attenzione e di cura.
Il percorso terapeutico spesso comporta la necessità di affrontare le difese e le chiusure verso l’ambiente esterno ,passa attraverso il riconoscimento di sentimenti di vergogna, di colpa e di inadeguatezza ed è costellato da momenti di rassegnazione , di sfiducia nell’altro e nella possibilità di cura. Si tratta di un processo lungo e difficile tormentato da dubbi verso se stessi e da improvvise aperture di speranza in cui dolorosamente ci si riappropria della vita, delle proprie potenzialità di crescita e soprattutto della possibilità di amare e di essere amati di nuovo.
A volte si può anche scoprire che l’atteggiamento remissivo può appartenere ad una parte sottomessa di se stessi che si è sviluppata nel tempo a causa di relazioni traumatiche passate e che si e’ imposta come l’ unica possibile strategia di sopravvivenza per adattarsi e andare avanti .
Il video è tratto dal film “Othello” di Orson Welles del 1952 tratto dal dramma di Shakespeare: la scena dello strangolamento di Desdemona da parte del marito sconvolto dalla gelosia.
Filmografia
- “Primo amore” (2004) di M. Garrone
- “Shining” (1980) di Stanley Kubrick
- “Uomini che odiano le donne” (2009) e (2011) di D. Fincher
- ” La moglie del poliziotto”(2013) di P,Groning
- ” A letto con il nemico”(1991) di J.Ruben
- “La bestia nel cuore” (2005) di C. Comencini
- “Pomodori verdi fritti” (1991) di J.Avnet
- “Ti do i miei occhi” (2003) di I.Bollain
- “Un Giorno perfetto” ( 2008) di F. Ozpeteck