La terapia psicodinamica procede attraverso approssimazioni, digressioni, discordanze e deviazioni : è un percorso imperfetto che ricalca le diverse traettorie imprecise che costellano la vita di ciascun individuo.
A differenza di altre terapie, che possono essere definite “correttive” o standardizzate, non è impostata strategicamente per portare la persona che pazientemente le si affida a qualcosa che è già chiaro e definito dall’inizio ( anche se questa cosa rassicura poco chi si trova all’inizio di un viaggio terapeutico).
L’avvio di una trasformazione richiede ingredienti che non sono mai gli stessi e tempi di cottura diversi ( le metafore culinarie come ci ricorda lo psicoanalista Antonino Ferro sono spesso calzanti per definire l’unicità e la singolarità di ogni menu – terapia).
Quello che vale per tutti è che bisogna immergersi ( e farsi anche sommergere per un tratto del viaggio ) in una marea di sentimenti sotterranei che vorremmo nascondere ( odio, invidia, avidità, rabbia, gelosia, colpa, disperazione, noia, falsità,frustrazione, inutilità, persecutori età , possessività, vuoto ma anche amore… ) e che preferiremmo non riconoscere in noi stessi (utilizzo il noi perché questo è un processo reciproco e riguarda sia il paziente che il terapeuta, per quanto quest’ultimo possa essere analizzato).
In un certo senso questa fase può essere simile ad una traversata del deserto biblica , al mal di mare provato in mezzo all’oceano, al sentirsi infangato in una palude, al volare dentro una tempesta, al sentire la terra tremare ( ogni persona possiede un ricchissimo repertorio di immagini simboliche che emergono dall’ inconscio per descrivere questo momento del percorso terapeutico ) e viene avvertita a livello psicosomatico attraverso vissuti di frammentazione, di dispersione, di crollo, vertigine , peso , di nausea..
Si tratta del momento più difficile della terapia : si può sentire di non riuscire a tollerare a reggere il peso e il caos delle emozioni , di stare dentro a qualcosa di più grande che non si è in grado né di gestire , né di guidare e temiamo di perdere l’orientamento, di stare ancora più male, ma è indispensabile lasciarsi andare al flusso della terapia ( come dentro un branco di pesci o ad uno stormo di uccelli ), avere fiducia, per correre il rischio di perdersi per poi ritrovare l’orientamento e scoprirsi trasformati.
E’ in questa fase che è diventa forte la tentazione di ridurre lo spazio che la terapia ha nella propria vita , se non la si è abbandonata prima .
Aspetti negletti, ripudiati vengono a galla , acquistano spazio , dignità di esistere , diritto ad essere visti, soppesati: è in questa fase che l’individuo sofferente si accorge della vastità dei suoi bisogni e la necessità di desiderare e come questa esigenza sia connessa al suo non essere mai stato visto, guardato e quindi accettato così com’è ( con effetti diversi se ciò è avvenuto all’inizio della vita, durante l’infanzia o in adolescenza)
Ma ad un certo punto accade qualcosa : le persone cominciano ad osservare che qualcosa è cambiato , quasi “ magicamente” (in apparenza) , che non si è più uguali a prima, che le tessere del puzzle cominciano a ricomporsi, una sensazione di pienezza interiore ci conquista , un sentirsi diversi, cambiati anche di poco e spesso gli altri , chi ci sta accanto o intorno, sono i primi che riscontrano delle differenze in noi senza che ce ne rendiamo ancora conto ( e qui si dovrebbe aprire una serie di rimandi al ruolo dell’integrazione, dell’ ”oggetto buono , del gioco , del legame e del perdonare.. ma dilungheremmo).
Se abbiamo la costanza di proseguire il viaggio terapeutico potremmo scoprire che vari punti della vita e del mondo sono probabilmente legati da un filo invisibile e come quando si rimane a contemplare la fitta trama che compone la trapunta della volta celeste sopra di noi ci sorprenderemo a trovare che ogni episodio e persona dell’esistenza è legato e possiede uno suo caratteristico splendore.
Di fronte al nichilismo contemporaneo, al senso di esaurimento di molti ideali credo che i viaggi intrapresi con la psicoterapia e la psicoanalisi possano offrire qualcosa che non è molto, ma non è affatto banale nè scontato e può avere un valore non solo per gli individui nella stanza di terapia, ma anche a livello sociale per fornire un rimedio allo smarrimento diffuso, al sentimento di sconforto collettivo e al vuoto provato di fronte all’assenza di significato e consegnare un prezioso orientamento esistenziale alle persone.