Vivere in una comunità solidale orientata al bene comune costituisce il principale fattore ambientale nel determinare la salute mentale delle persone.
È curioso come, di solito, ci scordiamo questo elementare assunto in una società dove predomina la spinta all’individualismo .
Da Diogene in avanti il cinismo è stato un sentimento molto presente nella vita pubblica, ma, dall’ultimo scorcio del secolo scorso, ha cominciato a farsi strada dovunque nella psicologia quotidiana.
Quante volte ci è capitato di sentire o di avere pensato “ Ma non c’è differenza , sono tutti uguali ! Tutti corrotti !” in queste parole risiede l’essenza dello spirito cinico : eliminare ogni sfumatura, appiattire tutte le distinzioni nel segno di una comune insensibilità e disprezzo per i valori, una istintiva pulsione alla sopravvivenza .
La diretta conseguenza di ciò è che “ se gli altri lo fanno, perché non dovrei farlo anch’io “, una constatazione fredda che esprime una sfiducia nei confronti di coloro che ci circondano e che ci rende disponibili ad ogni comportamento .
Il sentimento cinico comporta considerare gli altri come ostacoli da rimuovere nella corsa alla propria realizzazione personale e, arrivati a quel punto, il passo dal trattare se stessi e gli altri come delle macchine con il pilota automatico diventa breve.
Il cinismo può forse favorire a raggiungere il potere e il successo personale, ma non porta di certo a stare bene con se stessi e gli altri .
Il cinismo rafforza le difese, mette a distanza gli altri , crea barriere e separazioni e alimenta la paura e la disperazione. E spesso carica il corpo di tensioni eccessive pronte a scoppiare: tensione fisica , rigidità muscolare , disturbi psicosomatici.
E’ un umorismo freddo quello che protegge lo spirito cinico dal contatto con gli altri e propaganda la durezza della vita.
Il cinismo diventa una tossina che cresce e si alimenta di ogni esperienza traumatizzante, ogni offesa o frustrazione della vita e che si espande attraverso la paura, il dispiacere e la disperazione.
Sappiamo che credere nell’eliminazione della povertà e nella realizzazione di una società fondata sull’uguaglianza dove le relazioni tra le persone saranno armoniose e funzioneranno rappresenta un’illusione che determina ancora maggiore sofferenza.
Ma lavorare su sè stessi per rendere più vivibile il presente , scegliere di dare più fiducia alla vita , imparare a rispettarla nelle sue diverse forme a partire da quelle meno visibili come l’aria che circonda, il soffio della natura, del nostro respiro o da quelle più fragili, i bambini, gli anziani, gli animali può essere un modo per instaurare un rapporto più autentico con noi stessi, uno sguardo diverso sul presente e sul mondo che condividiamo.
Entrare in contatto con le parti più profonde di noi stessi per entrare in risonanza con gli altri : è questo il succo dell’empatia .
Significa sentire la sofferenza per accorciare la separazione tra noi e gli altri , perché mentre i nostri cuori sono ben aperti davanti alla sofferenza, quella nostra e quella degli altri , anche altre emozioni, quali la gioia , la felicità si possono a quel punto dischiudere più facilmente .
Per essere empatici non è necessario ricorrere a principi o modelli ideali, è sufficiente farsi guidare dall’intelligenza emotiva degli animali : osservare meglio il loro comportamento, la loro capacità di fermarsi davanti al dolore e di prendersi cura dei loro simili in situazioni di difficoltà.
In questo modo potremmo notare che l’egoismo e l’indifferenza sono pulsioni meno “animali” di quanto si creda, mentre l’impulso altruistico appartiene al nostro corredo genetico di base , quello condiviso con gli altri esseri viventi del pianeta, alla nostra essenza più intima ( a dispetto di quanto afferma sia chi professa la morale, sia chi pubblicizza il cinismo )….