Quando si torna a parlare di Basaglia si animano le discusssioni , come se si toccasse un nervo scoperto della storia e della cultura recente dell’Italia; le reazioni sui quotidiani al film tv, al di là delle considerazioni sulla sua qualità estetica, fanno pensare che quando ci si occupa di ridefinire, riarticolare i confini tra normalità e follia ( come del resto tra vita e morte, tra genere maschile e femminile) si generano paure ed angosce diffuse.
Del resto il valore maggiore della figura di Basaglia risiede nel fatto che rappresenta simbolicamente un movimento complesso e una coralità di idee e di persone, nel loro insieme anche contradditorie , che si possono ridurre a delle categorie rigide o a degli schemi binari, di-qua o di-là.
In “ C’era una volta la città dei matti “ viene vista quell’umanità che la società tende a relegare nelle istituzioni per sottrarre lo sguardo e volgerlo da un’altra parte, come succede frequentemente anche per anziani e i minori.
Come afferma la filosofa Ida Dominijanni , in un suo recente articolo,il disagio psichico diventa “lo spettro da internare e punire (..) perché inquieta ed interroga chi lo esorcizza per non riconoscerlo in se stesso prima che nell’altro”. Nel video il direttore del DSM di Trieste che ha fornito aiuto per la regia del film, spiega il suo parere in merito all’evoluzione della legge 180 negli ultimi 30 anni.